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martedì 7 luglio 2015

Umiliazioni e maleducazione

Impiegai qualche mese per riprendermi da quella forte delusione, ma prima della fine dell'anno ero pronta a sostenere una nuova prova preselettiva per l'ammissione a un master organizzato da una nota università del nord Italia in collaborazione con un noto gruppo bancario.
Era la prima edizione del corso di specializzazione e non vi erano molti candidati. Riuscii ad assicurarmi l'iscrizione che pagai contraendo un debito con l'istituto di credito di ben 8.000 euro.
Avevo lavorato come commessa per anni, ma non ero mai riuscita a mettere dei soldi da parte sia perchè avevo sempre lavorato in nero, sia perchè comunque avevo usato tutti i miei guadagni per finanziare gli studi.
Avevo paura di quel debito, ma in sede di colloquio mi avevano fatto capire che se avessi terminato il percorso formativo con dei buoni risultati l'istituto di credito mi avrebbe assunto. Ragionado in questi termini, alla fine 8.000 mi sembrarono un buon investimento.
Mi trasferii pertanto al nord, fittando insieme a mio fratello (mio compagno di sventure) un piccolo appartamento.
Decisi di cercare lavoro, come sempre avevo in mente di studiare e lavorare, d'altronde non avevo scelta, i costi della vita in una città del nord non sono quelli di un paesino di campagna del sud Italia.
Stampai un numero indefinito di curricula e iniziai a distribuirli, prima ai centri per l'impiego, poi a negozi, bar, ristoranti e attività commerciali di ogni tipo.
Quel mio pellegrinare da un luogo all'altro della città mi costò caro in termini di fatica ma anche di orgoglio.
Per la prima volta capii cosa era il razzismo e quanto male potesse fare alle sue vittime.
Cercando casa mi ero già imbattuta in episodi spiacevoli, ma mai potevo credere che potesse esserci di peggio.
All'improvviso le scritte sui cartelli attaccate ai balconi delle case "NON SI AFFITTA A IMMIGRATI E CALABRESI" mi sembrarono nulla quando entrai in un negozio di intimo del centro e porgendo un curriculum a una ragazza mi sentii rispondere "No grazie. Il personale noi lo scegliamo a occhio e a orecchio!"
Era evidente che il mio accento palesemente del Sud disturbava i miei interlocutori, ma l'apice dello schifo lo raggiunse il Direttore di un noto grande magazzino che davanti alla mia richiesta di lavoro si comportò da vero stronzo!
L'uomo si fingeva per bene, indossava giacca e cravatta, aveva i capelli pettinati in modo ambiguo e un profumo ricercato ne segnalava la presenza. Mi guardò dall'alto in basso, senza nascondere la sua aria di superiorità, prese con disgusto il mio curriculum, lo guardò distratto, poi disse "Il permesso di soggiorno ce l'ha?"
Pensai che mi avesse scambiato per straniera, ho la carnagione chiara e dei tratti somatici che spesso vengono confusi con quelli delle ragazze dell'est, così risposi ingenuamente "Sono calabrese" e lui senza esitazione aggiunse "E' lo stesso!"
Rimasi terribilmente male, mi sentivo offesa e umiliata, gli sfilai il curriculum dalle mani e andai via.
Non penso di essermi sentita mai più male di quel giorno. Piansi lacrime amare come mai avevo fatto.
Qualcuno leggendo queste righe stenterà a credere a tutta questa triste storia, ma ho vissuto sulla mia pelle quel terribile giorno e giuro su Dio di non essere mai stata più sincera.
Per quel giorno non cercai lavoro altrove, tornai a casa e cercai di distrarmi guardando la televisione, ma quelle parole pronunciate con un'indicibile cattiveria risuonavano nella mia mente.
Mi addormentai fra le lacrime pregando Dio che l'anno accademico finisse presto perchè vivere in quel posto era praticamente impossibile per una persona come me solare ed educata non abituata a un certo tipo di trattamento...

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